Dentro la Rocinha: alla scoperta della favela più grande del Sud America

Il “turismo della povertà” è un fenomeno sempre più diffuso e al tempo stesso controverso. Molti infatti condannano la pratica del poorism (termine che deriva dall’unione di poor e tourism), definendola come una spettacolarizzazione della povertà.

Così mi sono chiesta: che cosa spinge sempre più persone a voler visitare quartieri degradati dove regnano povertà e criminalità? Ne vale davvero la pena?

Partendo da questo interrogativo, sono volata in Brasile con lo scopo di visitare la favela più grande di Rio de Janeiro e di tutto il Sud America: la Rocinha.

La nostra visita parte dal capolinea della metropolitana di Rio, fermata Sao Conrado. L’impatto è forte e la sensazione è quella di non trovarsi più a Rio de Janeiro, ma di essere in una città completamente differente. E infatti, come scopriremo, la Rocinha è una vera e propria città nella città, che vive con i suoi ritmi, le regole e le sue istituzioni.

Insieme alla nostra guida Claudia ci dirigiamo al checkpoint di ingresso, dove paghiamo quella che loro chiamano “tassa d’ingresso”, una cifra simbolica per poter entrare. Dopodiché saliamo a bordo dei mototaxi, una specie di Uber su due ruote indispensabili per risalire la collina su cui si sviluppa la favela.

La prima tappa del tour è una terrazza panoramica dalla quale è possibile ammirare tutta la Rocinha, una distesa di case in mattoni e lamiera costruite nel corso del tempo una sopra l’altra. Non si sa con precisione quante persone vivano nella favela; tuttavia, secondo una stima dei residenti, essa conta più di 150.000 abitanti. Da questa zona della città è possibile inoltre ammirare il Cristo Redentore di schiena, che sembra beffarsi della Rocinha voltandole le spalle.

Da lì ci muoviamo a piedi attraverso le viuzze popolate da attività commerciali di tutti i tipi; sul nostro cammino incontriamo saloni di parrucchieri, negozi di abbigliamento, ristoranti e persino un ufficio postale. Tutto sembra “normale” e a quel punto mi sorge spontanea una domanda: dov’è la criminalità di cui tutti parlano?

A darmi una risposta è una zona più interna della favela, dove la nostra guida ci dice espressamente di mettere via i telefoni e di non guardare troppo dentro i negozi ai lati della strada. Con la coda dell’occhio intravedo un ragazzo appostato fuori da una porta con una pistola infilata nei jeans e poco dopo arriva da lui un altro ragazzo in moto, con addosso un mitra.

Claudia ci spiega che fino a qualche tempo fa il controllo della favela era diviso tra zona nord e zona sud, mentre adesso è riunita sotto il comando di un unico boss: un ragazzo di soli 25 anni! Ci mostra anche un video risalente a qualche settimana prima, dove vediamo il boss arrivare a torso nudo ad una festa accerchiato da scagnozzi armati. Sembra di vedere una scena del film City of Gods, eppure è la realtà.

Paradossalmente essere così vicina a delle armi non mi incute alcun timore; ci viene spiegato infatti che servono soprattutto per mostrare chi detiene il potere più che per sparare. Claudia ci racconta anche che è raro che le forze dell’ordine entrino nella Rocinha: finché si riesce a mantenere l’ordine internamente, la polizia preferisce non scontrarsi con chi comanda nella favela.

Ma la favela quindi, è sinonimo di criminalità? Assolutamente no.

All’interno della Rocinha esiste infatti una realtà fatta di associazioni e progetti che aiutano bambini, ragazzi e adulti a tenersi lontani dalla malavita. Un esempio sono le scuole di capoeira, oppure la galleria d’arte fondata dallo street artist Wark, che ospita una classe dedicata alla formazione dei giovani attraverso l’arte.

E ancora l’associazione Il Sorriso dei miei bimbi fondata da Barbara Olivieri, italiana residente in Brasile da quasi 30 anni. La sua onlus si pone come obiettivo quello di creare migliori condizioni socio-educative all’interno della Rocinha e tra i suoi progetti attivi troviamo la fondazione di una scuola dell’infanzia e di un caffè letterario a disposizione della comunità.

Per rispondere alla domanda iniziale: vale davvero la pena visitare la Rocinha? Sì. A patto che lo si faccia in modo responsabile.

Il turismo è una risorsa importante per gli abitanti della favela. Pertanto è vivamente consigliato prenotare dei tour attraverso le associazioni che operano all’interno di questo ambiente, affinché il ricavato vada a supporto di attività a beneficio della comunità. Io personalmente mi sono affidata proprio all’associazione Il Sorriso dei miei bimbi e alla loro guida Claudia, nata e cresciuta nella Rocinha.

Dall’idea che mi sono fatta, il significato di favela può essere racchiuso nella parola “comunità”. Non è solo povertà e criminalità, c’è molto di più. La Rocinha è una realtà vibrante fatta di persone che si impegnano giorno dopo giorno per migliorare la propria condizione.

Non voglio essere un prodotto del mio ambiente, voglio che il mio ambiente sia un mio prodotto.

The Departed

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